Passa ai contenuti principali

I Due Castelli di Cleto e Aiello Calabro: Anello Bocca Ceraso - Cleto - Bocca Ceraso con gli Amici della Montagna e Jamu a Caminare










L'escursione di domenica 17 marzo, giornata limpida, solare e calda è stata una festa per gli escursionisti (in totale 35) dell'Associazione Amici della Montagna e per noi di Jamu a Caminare. Il percorso che in diversi sopralluoghi abbiamo disegnato, per coniugare Natura e Storia del territorio, ha avuto come punto di partenza la frazione aiellese di Bocca Ceraso. Da lì, a piedi siamo scesi da località Rucavo (tra Caritiellu e Monte S. Angelo), lungo il torrente San Giovanni, e poi siamo risaliti per un impegnativo sentiero a mezza costa del Caritiellu, verso il castello di Cleto dove ci attendeva una rappresentanza della Amministrazione comunale che ringraziamo per l'accoglienza. A farci da cicerone tra bastioni, silos, torri e mura del maniero, è stato il bravo e preparato Ivan Arella dell'Associazione la Piazza che ogni anno in agosto organizza il CletoFestival.
Fatta la prima tappa al castello di Cleto, la camminata è ripresa per tornare e chiudere l'anello a Bocca Ceraso. Una stradina sterrata, inizialmente in salita, ci ha poi condotti sotto le pietre arancioni di Varbàra e dunque alle auto di Bocca Ceraso. Ad Aiello, ci attendeva il colle Tilesio, sul quale ci sono i resti del castello, in passato di grande importanza strategica poiché posto a controllo di una bretella che conduceva da Cosenza al fiume Savuto.
Consumato il pranzo a sacco e bevuto un po' di buon vino rosso locale alla salute di tutti gli amanti delle attività all'aria aperta, c'è stato un momento informativo sulla storia di Aiello (vedasi notizie a fondo pagina). A seguire, esplorazione dell'area del castello che si espande per circa 20 ettari, e visita della torre quadrata, delle varie cisterne, dei resti della torre ottagonale e della Timpa della Calandia da cui si ammira lo splendido panorama con Monte Cocuzzo, monte Faeto, il mar Tirreno e le Isole Eolie, l'Etna, e Monte S. Angelo.
Prima di terminare la piacevole giornata, c'è stato anche il tempo per fare un salto alla Cappella Cybo e alla chiesa di San Francesco nell'ex Convento degli Osservanti, gioielli architettonici e culturali della Rinascenza calabrese, e gironzolare per le viuzze del centro storico.
Abbondante e gustosa, infine, l'apericena - con specialità di rosticceria del luogo - preparata dal Caffè Bistrot di S. Maria, che ha preceduto i saluti a tutti i partecipanti.
Terminiamo questa breve cronaca dell'escursione, ringraziando chi ha partecipato e tutti coloro i quali hanno collaborato, in particolar modo: Carmine Sproviero e Annelisa Rotella di AdM, e tutti gli amici del gruppo estemporaneo di JAC.
Alla prossima uscita e buon cammino!


MAPPA PERCORSO BOCCA CERASO - CLETO - BOCCA CERASO - AIELLO CALABRO
Powered by Wikiloc


Gallerie fotografiche
***

NOTIZIE STORICHE SU AIELLO E CLETO

CLETO
Cleto ha origini antiche. Il nucleo abitativo, alle pendici di Monte S. Angelo, si abbarbica sulla roccia, e Pietramala difatti si chiamava sino a metà del 1863. Il suo castello medioevale, da dove si controlla tutto il territorio sino al vicino mar Tirreno - acquisito con tutta la Terra di Pietramala con atto notarile del 29 ottobre 1615 per 30 mila ducati dai d’Aquino da Ercole Giannuzzi Savelli, primo barone del feudo,– come lo descrive Giuseppe Giannuzzi Savelli in un volume edito nel 2004 in edizione limitata (solo 600 copie), è «poderoso e severo», per secoli residenza della famiglia, che lo stesso Ercole I implementa con nuovi corpi di fabbrica. Poi, i terremoti lo avevano ridotto in ruderi, ed ora, finalmente, da qualche anno è ritornato con tutta la sua imponenza a «cavaliere dell’intiero paese» da cui si gode «un paesaggio di incommensurabile bellezza».

Sul castello di Cleto – Fonte Atlante Beni Culturali

Descrizione
L'antica Cleto era probabilmente un centro magnogreco entrato in conflitto con la potente Kroton. In epoca medioevale mutò la sua denominazione in Pietramala, dall'omonima famiglia normanna. Situata alle pendici del monte Sant'Angelo, si affaccia sul mare Tirreno. Nel 1270 venne concessa in feudo a Guglielmo de Foret. Successivamente appartenne ai Sersale, ai Marano, ai Siscar di Aiello, ai Cavalcanti, ai Cavallo e infine ai D'Aquino. L'edificazione del castello di Cleto viene attribuita storicamente ai Normanni che posero il maniero in cima al monte Sant'Angelo sotto il quale scorre il fiume Trobido, ed in posizione tale da poter controllare una buona porzione di territorio. Di notevole importanza strategico-militare, risultavano le due maestose torri cilindriche, di cui oggi rimangono solo i ruderi, destinate, l'una alla difesa dell'area verso il ponte levatoio e, l'altra destinata in parte a residenza del feudatario e in parte alla difesa della zona superiore. Una possente cinta muraria fu costruita per difenderlo ed un unico accesso, posto ad ovest fu reso ancora più impenetrabile per la presenza di un ponte levatoio. L'edificio si sviluppava su tre livelli principali. Al primo livello, appunto, l'accesso principale con il ponte levatoio, al secondo livello una corte che ospitava una delle due grandi torri circolari e una serie di ambienti riconducibili a diverse fasi edilizie. A questo livello si accedeva da un ingresso situato a lato della torre circolare, costituito da blocchi ben squadrati di grandi dimensioni con al centro un portale in pietra lavorata. Il terzo livello, infine, era situato nella zona più alta, una sorta di cassera all'interno del castello fortificato, nella quale si trovavano due ali parallele di ambienti disposti ai lati di un'area aperta di forma trapezoidale e, sullo spigolo sud-est, c'era la seconda torre circolare. All'esterno del complesso, sul lato ovest, si trova un'area interessante dove nonostante la forte pendenza dovevano localizzarsi altri ambienti addossati alle mura. Probabilmente in questa zona doveva trovarsi anche la chiesa di San Giovanni Battista di cui però non si hanno più tracce. Nella parte centrale del castello sorgono una serie di silos per la conservazione di grano e altre derrate. Intorno ad esse sono sistemate delle buche quadrangolari destinate ad ospitare oggetti vari. I silos risalgono ad un periodo antecedente al castello, forse quello bizantino. Le grotte e le cisterne sono presenti sotto tutto l'abitato di Cleto e, spesso, sono comunicanti tra esse. Una pergamena rinvenuta negli anni quaranta, murata in una delle due torri, ha permesso di ricostruire la vita che si svolgeva nel castello. Le attività di filatura e tessitura del lino si svolgevano sotto il diretto controllo della baronessa. Il feudatario aveva diritto di vita e di morte sui sudditi ritenuti colpevoli di delitti. I condannati venivano gettati nella cosidetta "lupa", una profonda caverna senza via di uscita, dove morivano per soffocamento o per fame. Da un atto notarile del 1789, si evince come il castello, a quella data, fosse già quasi distrutto. Le incursioni dei pirati turchi ed i numerosi e catastrofici fenomeni sismici, lo resero sempre più vulnerabile e inoffensivo.


AIELLO CALABRO
Ajello, il cui territorio è circa 39 kmq, tra i 70 e i 1100 metri slm, a metà strada tra il mare e la montagna, è un piccolo paesino - abitato da poco meno di duemila anime - arroccato sulle colline dell'entroterra tirrenico cosentino. Le sue origini risalgono al passato remoto. Ne sono testimonianze, nei primi anni '60, i ritrovamenti in località Valle di una selce paleolitica e di alcune tombe databili al 550 a.C. che contenevano oggetti classificati come aryballoi, ovvero porta profumi corinzi. Che questi oggetti siano di fattura magno greca non ci sono dubbi. Come non ci dovrebbero essere dubbi che il territorio di Aiello Calabro potesse essere parte di un territorio più ampio, in cui erano diversi i nuclei abitativi a stretto contatto tra loro e che potrebbe corrispondere alla antica Temesa, ubicata tra l'Olivo ed il Savuto.
Posto in un luogo strategico, per il controllo delle vie di comunicazione, Aiello è stato nel corso dei secoli al centro di aspre lotte di potere. I Saraceni del vicino Emirato di Amantea, come racconta la leggenda, nel tentativo di farlo capitolare “per fame”, furono persuasi a desistere dal genio degli aiellesi che per dimostrare di avere scorte a sufficienza, dalle mura del castello lanciarono delle 'pezze' di formaggio ottenute dal latte delle loro donne. I Normanni, nel 1065, guidati da Roberto il Guiscardo lo assediarono per quattro mesi, prima di ottenerne la resa. L'importanza di questo lembo di terra “…grossa, nobile, et civile” è dimostrata nel corso delle alterne vicende storiche. Con gli Aragonesi, il feudo aiellese, dai Sersale fu assegnato al viceré di Calabria e conte di Ajello, Francesco Siscar. Tale periodo per Aiello è molto florido e si registra una notevole espansione demografica, sociale ed economica che continua con il Viceregno spagnolo in cui cresce l'agricoltura e la produzione della seta. Nel 1566 il Feudo viene acquistato per 38 mila ducati dal principe di Massa, Alberico Cybo Malaspina. Con questa famiglia di origini liguri toscane, che ne mantenne la proprietà sino all'eversione della feudalità, lo “Stato di Aiello” passa da contea a marchesato e poi nel 1065 a ducato. A questo periodo si devono alcune delle più pregevoli testimonianze architettoniche artistiche e storiche del borgo antico: il palazzo Cybo e la omonima cappella gentilizia, dove è custodita la statua della Madonna delle Grazie, molto venerata dagli aiellesi. Nel decennio francese la cittadina passa nella giurisdizione del cantone di Belmonte, quindi nel governo di Rogliano, sino al 1811, anno in cui è capoluogo di Circondario (comprendente Terrati, Serra, Lago, Laghitello, Pietramala e Savuto). Negli anni a seguire: la Restaurazione borbonica, poi Garibaldi che unisce l'Italia, il Brigantaggio, e il terremoto del 1905 che distrugge buona parte dell'abitato. Nel 1864 prende il nome di Aiello di Calabria che muta nel 1928 in Aiello Calabro, incorporando Cleto e Serra, i quali divengono comuni autonomi, il primo nel 1934, il secondo nel 1937.
Il castello
Fu certamente “…una delle prime fortezze del regno” (L. Alberti, 1525/26). Infatti, l’impianto del vecchio maniero che, dal promontorio Tilesio su cui sorge, domina il borgo medioevale, secondo diversi documenti iconografici, dovrebbe risalire, nella struttura attuale (sebbene diruta), al tempo di Francisco Siscar, viceré di Calabria sotto gli Aragonesi, pur inglobando strutture precedenti risalenti ai Normanni e forse al Castron bizantino (Ajello o Tilesio, sic? fu distrutta dai Saraceni nel 981). Il castello, da cui si poteva controllare una bretella della Via consolare romana Annia che sboccava al mare, fu di fondamentale importanza militare. Composto da: cinque porte ferrate e ponte levatoio, torri (il Mastio a base quadrata, la torre dell’Orologio e diverse torri d’avvistamento), cappelle, cisterne per i bisogni della cittadella, cinta muraria e cunicoli per le fughe, è andato in rovina a seguito dei terremoti del 1638, del 1783 e del 1905, oltre che per l’incuria dell’uomo. Tuttavia, restano eloquenti vestigia, quali: mura perimetrali, torri angolari speronate, cisterne, ed alcune stanze sotto le torri, che è consigliabile visitare. Al castello si giunge attraverso una suggestiva via d’accesso, scavata nella roccia tufacea.

Sul castello di Aiello – Fonte Atlante Beni Culturali Calabria

Descrizione
Di questo imponente maniero, che ingloba strutture precedenti risalenti ai Normanni e forse al Castron Bizantino e che fu una delle prime fortezze del regno, restano eloquenti vestigia: mura perimetrali, torri angolari speronate, cisterne, ed alcune stanze sotto le torri. Una roccaforte naturale, già fortificata in epoca bizantina, evidentemente per resistere alle scorrerie arabe, praticamente inespugnabile. Ciò spiega come l'impianto non fosse quello del "castrum" classico, ma fosse provvisto di sole due torri, sui lati rivolti ad est e a nord, perché gli altri due lati risultavano già inaccessibili naturalmente.. Nel 1065 resistè, anche, per quattro mesi, all'attacco di Roberto il Guiscardo il quale, durante l'assedio perse due nipoti. In epoca sveva, poi fu feudo di Riccardo di Salerno, cancelliere di Federico II di Svevia e, riuscì ad acquistare grande importanza non solo per ragioni strategiche, ma anche economiche e sociali. Raggiunse il massimo splendore nei secoli XV e XVI, quando era sede delle potenti dinastie dei Siscar e dei Cybo, divenendo uno dei più grandi e notevoli castelli dell'Italia meridionale. Massima cura, era stata posta per realizzare le difese: una prima cinta muraria, con il classico torrione di vedetta, proteggeva la parte più bassa e racchiudeva la cittadella, l'entrata al corpo principale poteva avvenire solo attraverso altre due porte superiori, controllate da un altro corpo di guardia e da un rivellino di forma circolare e numerose altre postazioni difensive erano sistemate un po' dovunque. La parte residenziale era anch'essa imponente e comprendeva una cappella, diverse abitazioni, cinque cisterne di raccolta dell'acqua piovana, diversi locali fra cui il carcere, magazzini ed un cortile grandissimo che nei disegni di Cybo appare lastricato. Queste mura antiche, un tempo, furono testimoni silenziose di terribili atrocità. Si narra, infatti, che all'interno del castello i prigionieri venissero sottoposti a torture tremende e a punizioni sanguinarie. Unico accesso al castello rimane, ancora oggi, un suggestivo percorso, scavato nella roccia tufacea. . Aiello Calabro, durante la breve parentesi dell'occupazione francese del Regno di Napoli condotta da Carlo VIII di Francia, fu la roccaforte degli aragonesi e, per questo, subì l'assedio dei francesi. La città poi fu liberata da Gonzalo Fernàndez de Còrdoba. Il suo progressivo abbandono fu causato dai danni del terremoto del 1638 e da quelli del sisma del 1783. Sei anni più tardi il feudatario Carlo Di Tocco, duca di Palopoli, ordinò un inventario con l'intenzione di avviare opere di restauro, ma c'era da mettere mano ad una situazione talmente disastrata che il progetto fu abbandonato. Ad aggravare le cose, il terremoto del 1905 che provocò il distaccamento di blocchi della roccia del castello. In epoca moderna, solo negli anni novanta è stata avviata la pulizia dell'area intorno al castello, invasa da vegetazione infestante, e la piantumazione di numerosi cipressi, che hanno, però, sminuito l'imponenza suggestiva dell'antica fortificazione. Nel 2000 sono stati avviati interventi di consolidamento delle pendici rocciose e nel 2008 i lavori di pavimentazione ed illuminazione della strada d'accesso all'antico maniero, di cui oggi restano solo alcune mura perimetrali e, come si diceva, delle torri speronate.


INFO
• Associazione Amici della Montagna - Pagina Facebook https://www.facebook.com/admcalabria.it/
• Gruppo estemporaneo Jamu a Caminare - http://jamuacaminare.blogspot.com

Commenti